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Società e Diritti

Trieste e l’accoglienza

Come funziona l’accoglienza dei migranti oggi nel capoluogo regionale? Ne abbiamo parlato con Laura Famulari, Assessore alla Politiche sociali del Comune di Trieste

Famulari

I media parlano in maniera costante di un’emergenza immigrazione. È corretto? O si tratta di un fenomeno ascrivibile alla categoria della continuità?

Da circa un biennio le persone che arrivano non sono immigrati cosiddetti economici ma richiedenti asilo o rifugiati. Fuggono da situazioni di conflitti forti o guerre. Non è un fenomeno che scemerà nel breve periodo e quindi non ha senso parlare di emergenza. È importante attrezzarci per l’accoglienza in modo stabile.

Qualche dato che possa illustrare il fenomeno?

Nell’ultimo biennio gli arrivi sono aumentati del 320%. Ma i numeri sono gestibili. Ad oggi sul territorio regionale ci sono 2600 richiedenti asilo.

A Trieste la gestione dell’accoglienza ha una storia dalla fine degli anni Novanta, quando arrivarono i profughi dai Balcani in guerra. Questo sistema a suo modo di vedere funziona ancora?

L’esperienza di Trieste in questo ambito è guardata come modello anche altrove. È l’accoglienza diffusa, che stiamo gestendo con la Regione e la Prefettura.

A chi è affidata l’accoglienza a Trieste?

Ad oggi da ICS (Consorzio Italiano di Solidarietà) e Caritas, i soggetti che già furono attivi nelle esperienze citate. Non facemmo una gara per l’assegnazione del servizio poiché i tempi amministrativi non lo concedevano: dovevamo sistemare le persone in tempi ragionevoli sia per dovere umano sia affinchè non creassero disagio al territorio. Ora che siamo consapevoli che il fenomeno non è un’emergenza stiamo preparando un bando di gara per il 2016.

Trieste città civile, della tolleranza e dell’accoglienza. Ma non mancano i fenomeni xenofobi e le proteste contro “gli stranieri”

Lo so bene perché ricevo lettere dai cittadini in merito. La questione è complessa. Ci sono delle paure viscerali che si mescolano a strumentalizzazioni. C’è sempre chi attizza il fuoco. Ma si tratta di malesseri di pancia, che certamente non vanno ignorati. Io credo che, civilmente, si debbano mediare gli umori emotivi con il raziocinio. I migranti ci sono ma in un numero che, attrezzandoci, riusciamo tranquillamente a gestire. E poi c’è la domanda chiave: cosa potremmo fare in alternativa? Chiudere tutti i confini? Circondarci con muri? Rigettare tutti? La legge italiana ci impone di accordare asilo a chi è in situazioni estreme. Cosa dovrebbe fare un Sindaco o un Assessore? Qualcuno mi provoca e dice: disobbedienza civile. Rigettare chi ti chiede aiuto non è un atto civile e poi io sono un funzionario dello Stato e devo applicarne le leggi. Non devo dire di sì a tutti. Devo verificare chi ne ha diritto. Senza verificarlo non posso rigettarlo.

Cosa date a queste persone in concreto? La diffidenza è spesso legata la fatto che “portino via soldi e lavoro” ai residenti

Anche qui dovremmo sostituire gli umori di pancia con ragionamento e dati. A queste persone vengono dati 2,5 euro al giorno per la bottiglia d’acqua, per qualche piccolissima spesa. Viene loro offerta l’accoglienza notturna e l’accesso alle mense. Ci sono corsi di lingua italiana e percorsi lavorativi a titolo di volontariato: lavorano ma non sono pagati. Si occupano di verde pubblico, per esempio. Si parla di 35 euro al giorno dati ad ognuno, ma è falso. Quei 35 euro arrivano dallo Stato nelle casse del Comune e servono a gestire complessivamente il sistema di accoglienza, non vanno in tasca a singole persone.

Concludiamo con un due dati: la Prefettura ci dice, nei dati relativi all’ultimo anno, che in città c’è una diminuzione della criminalità. Dall’altro lato moltissime persone hanno voluto dimostrare solidarietà a chi arriva. C’è chi lo dice chiacchierando, e chi ha portato materiali nei centri di raccolta. Oggi cosa può fare un triestino che volesse rendersi utile e partecipe all’accoglienza?

Innanzitutto voglio ringraziare coloro, e sono tanti, che hanno donato vestiti, coperte e quant’altro. Sul sito di Rete civica segnaliamo via via ciò di cui c’è bisogno. Un’altra cosa che il cittadino può fare, se lo desidera, è mettere a disposizione di Caritas e ICS opera di volontariato. Ci sono da gestire i corsi di italiano, per esempio. O altre attività, compatibilmente con le necessità che le strutture possono indicare ad ogni cittadino che si rivolga loro. (S.L.)

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