– di Gianni Ursini –
Sono recentemente usciti in dvd due film di fantascienza diversissimi tra loro. Elysium di Neill Blomkamp e Ender’s Game (Il gioco di Ender) di Gavin Hood
Hanno in comune la spettacolarità e l’enorme pessimismo.
Il primo, Elysium è diretto dal giovane regista sudafricano Neill Blomkamp (è nato a Johannesburg nel 1979), che nel 2009 si era fatto apprezzare con District 9, un film di science fiction “sociale” dove i pacifici alieni arrivati sulla Terra fuggiaschi da un pianeta distrutto venivano trattati come appestati e rinchiusi in veri e propri campi di concentramento.
Con Elysium si va molto più avanti nel futuro, e precisamente nel 2154.
La scienza ha fatto passi da gigante, il volo spaziale è una realtà e le malattie che per millenni hanno afflitto l’umanità sono state definitivamente sconfitte. Tutto questo però riguarda una ristretta minoranza di riccastri che se la spassano in una fantastica stazione spaziale chiamata Elysium, in orbita attorno alla Terra.
Per tutti gli altri miliardi di esseri umani, quelli costretti a vivere sulla superficie del pianeta, la vita invece è un vero inferno. Le condizioni climatiche sono peggiorate enormemente, e la popolazione è aumentata a dismisura.
In pratica, il mondo intero è diventato un’immensa baraccopoli controllata da un esercito di poliziotti robotizzati.
In questo contesto distopico prende avvio la vicenda di Max (Matt Damon), un operaio sottoposto per errore ad una dose letale di radiazioni, che gli lasciano solo cinque giorni di vita. Per curarsi e guarire egli deve assolutamente recarsi su Elysium dove esistono le tecnologie adatte, altrimenti è morte sicura.
Per arrivarci senza autorizzazione e senza essere abbattuti in volo è necessario però fare accordi con criminali e contrabbandieri, i quali richiedono un prezzo che alle volte è molto difficile pagare.
Pochi gli attori famosi, a parte Matt Damon ed una invecchiata Jodie Foster, che qui interpreta il ruolo della carogna di turno, a capo della sicurezza di Elysium, quella che ordina di abbattere le astronavi cariche di immigrati.
A questo punto qualcuno si sarà accorto che la trama ricorda molto il buon vecchio film Metropolis di Fritz Lang (1927), e con queste premesse ne poteva uscire un’opera interessante.
Ma la rabbia di Blomkamp, che ha voluto girare alcune scene in un vera baraccopoli messicana, è stata annacquata e diluita dalla necessità tipicamente hollywoodiana di farcire letteralmente il film con innumerevoli scene d’azione spettacolari piene di effetti speciali.
Ne è uscito un prodotto ibrido nel quale il messaggio sociale viene quasi sommerso dal rombo delle esplosioni e dal fragore dei razzi spaziali, tanto che alla fine si sente molto poco.
Per quanto riguarda l’altro film, e cioè Ender’s Game (Il gioco di Ender), bisogna fare un discorso completamente differente.
Il regista Gavin Hood è pure lui nato a Johannesburg nel 1963 ed ha iniziato la carriera con degli ottimi film impegnati politicamente a sinistra.
Basta ricordare fra tutti Verdetto bianco (1999), Il mio nome è Tsotsi (2005), e Detenzione illegale (2007).
Poi si è trasferito a Hollywood e si è subito buttato nella fantascienza a fumetti realizzando il dignitoso X Men le origini – Wolverine -, riuscendo a contrabbandare un po’ di impegno politico anche nel rutilante mondo della Marvel.
Ma torniamo a Ender’s Game.
Il film è tratto da un romanzone di Orson Scott Card datato 1985 il quale rappresenta un omaggio nemmeno tanto nascosto al grande scrittore di fantascienza Robert Anson Heinlein.
Costui nel campo dell’educazione giovanile aveva delle idee piuttosto fascistoidi, e non lo nascondeva affatto.
Orson Scott Card seguì pedissequamente le orme del maestro, ed imbastì una storia truce che descriveva la formazione militare di un gruppo di giovani cadetti durante una guerra galattica.
Si tratta di un gruppo di adolescenti selezionatissimi i quali vengono addestrati alla guerra tramite giochi di simulazione che farebbero la gioia di tutti i patiti di playstation.
Tra di essi eccelle Ender (Asa Butterfield, bravissimo) che sembra essere destinato a diventare il fattore determinante della vittoria, ma alla fine scoprirà di essere vittima di una macchinazione mostruosa.
Accanto ad Asa Butterfield recita un gruppo di giovani spaventosamente bravi, che mettono in ombra gli attori famosi come Harrison Ford e Ben Kinsley, qui ridotti a fare da spalla.
I ragazzi vengono sottoposti ad ogni sorta di vessazioni, fino a trasformarli in tanti piccoli “hitler jugend” i quali raggiungono perfettamente lo scopo prefissato, cioè il genocidio di una razza aliena con la distruzione del suo pianeta natale.
Alla fine si viene a sapere che gli alieni insettoidi avevano attaccato la Terra per colonizzarla in quanto credevano che gli esseri umani non fossero creature intelligenti, (e forse non avevano tutti i torti).
Quindi la distruzione del pianeta alieno non era necessaria.
Ben, bon, e con questo ho raccontato anche la trama del film, che non si discosta molto da quella del romanzo.
Bisogna dire che il protagonista, autore materiale della strage, viene imbrogliato, perché crede di partecipare ad una prova generale dell’attacco, e invece il mondo degli Scorpioni – gli alieni- viene distrutto davvero.
Così lui si trova a dover sopportare un enorme complesso di colpa che lo perseguiterà per tutta la vita.
Classico esempio di colpevole – innocente che consumerà l’esistenza cercando di rimediare al male fatto.
Non conosco le reazioni degli altri spettatori, ma nel mio caso la visione del film ha provocato un sincero orrore per ogni tipo di vita militare, e forse questo è proprio quello che il regista Gavin Hood voleva ottenere.